La Parola di Dio è una sorgente inesauribile di amore a cui attingere a piene mani. Una delle grazie più grandi che il Signore concede a noi sposi è di porci insieme davanti ad essa, nutrendoci entrambi.

Nelle diverse sfumature che colorano i nostri stili di preghiera noi sposi possiamo trovare tutte le tonalità necessarie a colorare di preghiera la nostra giornata di coppia.

E’ quello che abbiamo cercato di fare noi due lasciandoci stupire da ciò che lo Spirito suscitava nel cuore dell’altro pregando e ringraziando per tre aspetti  della nostra vita che la rendono ancora più preziosa: il dono dell’incontro, il dono del perdono, il dono della vita in abbondanza.

Per compiere questo è importante porsi alla presenza dello Spirito che soffia in noi continuamente portato spesso dalle parole o dalla semplice presenza del nostro sposo.

IL DONO DELL’INCONTRO

 

Risonanza

Spirito Santo ti preghiamo, apri i nostri cuori perché possano gustare i doni cha Tu ci hai portato attraverso gli incontri di comunione profonda della nostra vita.

  • Grazie perché Tu hai messo accanto a noi questi uomini e queste donne che ci hanno fatto scoprire chi sei Tu e chi siamo noi.
  • Grazie per il dono dell’incontro con nostro

Papà / mamma

Fratelli / sorelle

Figli che ci hai donato e quelli che vorrai ancora donarci

Amici

  • Grazie per l’incontro che ha dato la svolta alla nostra vita, quello con Te sposo di noi tutti e che ha chiesto a noi di dirTi di sì con l’amore all’altro/a
  • Grazie per il dono del matrimonio
  • Grazie per il dono della consacrazione
  • Grazie per l’incontro con nostro marito, nostra moglie; con i fratelli e le sorelle di fede
  • Grazie per i frutti che l’incontro con Te ha portato
  • Grazie per la sete di Te che ci spinge ad altri incontri con la Tua parola e fra di noi
  • Grazie per l’acqua viva che viene a noi sempre dall’incontrarci nella comunione profonda, vicino ad un pozzo che Tu metti sulla nostra strada dove fermarci, magari, proprio a mezzogiorno.

Vangelo – Giovanni 4, 1 – 29

1 Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni 2 – sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli – , 3 lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. 4 Doveva perciò attraversare la Samaria. 5 Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6 qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. 7 Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: “Dammi da bere”. 8 I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. 9 Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? ”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. 10 Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! ”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. 11 Gli disse la donna: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? 12 Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge? ”. 13 Rispose Gesù: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14 ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. 15 “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. 16 Le disse: “Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”. 17 Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene “non ho marito”; 18 infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. 19 Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. 21 Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”. 25 Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa”. 26 Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”.

27 In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: “Che desideri? ”, o: “Perché parli con lei? ”. 28 La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: 29 “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia? ”.

 

Nicoletta

“Dammi di quest’acqua perché non abbia più sete… Va a chiamare tuo marito…”

Non si arriva a Gesù in solitaria, anche se al pozzo ci siamo andati noi da soli perché prendere l’acqua quel giorno toccava a noi; Gesù ci manda a chiamare nostro marito, nostra moglie, il nostro fratello, la nostra sorella di fede o di sangue con cui camminiamo ogni giorno.

Lui che ci ha detto “dove due o tre sono riuniti io sono in mezzo a loro”, si fa vicino a noi anche quando stiamo andando al lavoro da soli, stiamo leggendo o ascoltando da soli qualcuno o qualcosa che ci parla di Lui, parla a noi della sete che abbiamo del Suo Amore, ci porta ad un pozzo di acqua viva e quando siamo lì ci chiede di andare a chiamare l’altro, lo sposo.

Ma perché fa questo? Per rendere più conosciuto il pozzo con un’operazione di pubblicità di fede fatta da un coinvolgente e fruttuoso passa parola? Non solo… Gesù sa che per attingere al Suo pozzo ci vuole la sete di Lui e la verità di noi, due cose che viviamo e scopriamo solo quando ci giochiamo interamente nella vera essenza del nostro vivere: amare ed essere amati da chi ci vive accanto.

Abbiamo sete di Cristo quando incontriamo in profondità il nostro sposo e il desiderio di amarlo, di giocarci totalmente nella relazione con lui ci trova bisognosi di un maestro vero, di chi abbia amato da sposo fino in fondo e in Gesù troviamo colui che ogni giorno ci attende per portarci verso il compimento di noi stessi: essere pienamente sposi. Senza calcoli, senza conti, dal momento che siamo fatti per essere dono incondizionato.

E quando iniziamo ad intuire la profondità del bisogno di vivere pienamente le relazioni significative della nostra vita, quando vorremmo essere belli e forti per camminare con slancio accanto a chi ci ama e amiamo, ecco che lì iniziamo a vedere i nostri limiti riflessi negli occhi del nostro sposo che guarda con amore le rughe, le fatiche e le nostre pigrizie: ecco è qui che facciamo verità in noi. Lì Gesù ci sta aspettando al pozzo, solo lì, per darci da assaggiare l’acqua viva, lì ci chiede di berla non da soli, ma di gustarla con il nostro sposo; lì ci da la libertà di scegliere se dissetarci al suo pozzo o no e alla nostra risposta affermativa Tu Gesù cosa fai? Ci doni una sorgente che zampilla continuamente in noi per l’eternità, e la nostra sorgente sei Tu, la Tua Parola, il Sacramento che ci unisce.

 

Davide

Questo brano è ricchissimo e commentatissimo e attingendo a tutto questo abbiamo cercato di leggerlo alla luce del nostro matrimonio e di scoprire il volto di Cristo e del Padre.

Alcuni spunti con questa chiave di lettura per dire chi è Lui e chi è il Padre.

L’amante che va in cerca dell’amata per creare comunione, per dire chi è Lui, per far verità su di lei e rivelare chi è il Padre, dire chi è Dio.

7 Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: “Dammi da bere”.

L’approccio di Gesù: “Dammi da bere”. È così che Dio agisce con gli uomini: non dall’alto della sua superiorità, ma dal basso facendosi servo degli uomini. Le parole di Gesù non sono un ordine, ma una richiesta. Infatti va incontro alla donna a mani vuote, in cerca di qualcosa che solo lei è in grado di dargli. Questo abbassarsi di Gesù ha per conseguenza il fatto di rialzare la donna.

Che bello per noi coppie scoprire che dal basso, da un bisogno, da una richiesta rivolta all’altro senza accusa (“avrei bisogno che stessi più  a casa” e non “non sei mai a casa”; “potresti portare i figli a giocare” e non “non ti occupi mai dei figli”) ci può essere occasione di vero incontro e di intima comunione fra noi due.

L’incontro del Vangelo però, non inizia bene: c’è un bisogno (la sete di Gesù), una richiesta fatta senza imposizione eppure la Samaritana gli ricorda che tra giudei e samaritani non corre buon sangue.

10 Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”

Primo capolavoro di Gesù che non si scoraggia e non sta al gioco, ma offre alla donna una nuova possibilità: “se tu conoscessi il dono di Dio”. Una nuova offerta di amore che non chiede nulla in cambio e apre la strada per conoscere Dio come colui che dona. Comincia  a dire chi è Dio.

Nella mentalità comune, praticare la religione consiste nel fare qualcosa per Dio (pregare, osservare i comandamenti, andare in chiesa…) e Dio è visto come colui che esige qualcosa da noi e così per esempio il sacramento del matrimonio diventa un dovere, uno sforzo in più da compiere.

Il messaggio di Gesù è appunto una buona novella in quanto trasfigura questa immagine abituale della divinità e pone al centro la nozione di Dio come sposo, come colui che dona per creare comunione.

 

11 Gli disse la donna: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? 12 Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge? ”.

La donna conosce il dono di Giacobbe, che richiede lo sforzo, ma non quello di Dio che è gratuito. Pensa che l’acqua debba essere attinta con le sue forze, non conosce né immagina la possibilità di bere l’acqua senza fatica. Gesù ci dice (a noi come coppie e a tutti) che l’amore di Dio non va meritato per i nostri sforzi, ma va accolto per la grandezza dell’amore del Padre. Dio non ci ama perché e se siamo buoni, ma ci ama perché Lui è Amore.

 

19 Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. 21 Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.

La donna crede che l’adorazione a Dio consista nel culto in un tempio, un qualcosa da fare (pensiamo ancora al nostro matrimonio). Ma Gesù annuncia un cambiamento radicale: mentre il culto a un Dio ha bisogno di un luogo particolare, quello al Padre, allo Sposo, no. Alla donna che desiderava sapere dove recarsi per offrire culto a Dio, Gesù risponde che è Dio che si offre a lei donandole la Sua stessa capacità di amare. Pensiamo a noi: come faccio ad amare mio marito, mia moglie? Quali atti devo fare? La risposta è: accogliere l’amore di Dio, anche questo è pregare.

Pensiamo ad esempio anche all’episodio di Marta e Maria. Entrambe amano Gesù.

Per Marta la cosa più alta è fare qualcosa di bello per Dio

Per Maria la cosa più alta è lasciarsi fare doni da Dio

E Gesù ci dice che Maria ha scelto la parte migliore.

Il Signore non si aspetta doni dagli uomini, ma Egli si fa dono per loro.

Amare come ama il Padre è l’unico culto che il Padre accetta.

Gli altri culti forse soddisfano le necessità delle persone, ma non realizzano il desiderio di Dio.

Dio non chiede sacrifici alle persone, è Lui che si è fatto sacrificio per donarsi alla gente.

Il Dio di Gesù non toglie il pane agli uomini, ma si fa pane per comunicare vita all’umanità Sua sposa. Non siamo noi che dobbiamo offrire qualcosa a Dio, ma Dio che si offre a ciascuno di noi donando la Sua stessa capacità di amare.

“Il Padre cerca tali adoratori”: abbiamo un’immagine di Dio che cerca, di un Dio che è tutt’altro che assoluto (ab solutus = slegato da), ma che è abitato dal desiderio di trovare un interlocutore capace di corrispondere al Suo amore.

E la sete che tormenta il nostro cuore si placa solo se accettiamo di essere dissetati da Dio, partendo dal lasciarci amare da chi ci vive accanto per ciò che siamo… forse il passo più difficile e insieme più ricco che a noi sposi è chiesto di compiere ogni giorno.

 

 

 

 

 

IL DONO DEL PERDONO

Risonanza

Spirito Santo, portiamo davanti a te il cuore della nostra coppia che batte forte solo grazie alla forza del perdono reciproco.

Sentiamo forte il bisogno di chiedere aiuto al Signore perché custodisca lo slancio del perdonarci sempre.

  • Chiediamo perdono:

Per tutte quelle volte che non siamo stati sposi fino in fondo

Per quando abbiamo paura di perdere i nostri spazi nell’amare il nostro sposo

Per quando diamo più peso alla nostra stanchezza che alla gioia dello stare insieme

Per quando troviamo mille scuse per non fare il primo passo verso l’altro

Per tutte le volte che mettiamo il nostro io davanti al nostro noi senza donarci totalmente l’uno all’altra

  • Noi ti ringraziamo

Perché sei Tu il primo a credere nella nostra coppia, perché ci colmi di noi per noi e da spendere con gli altri pur sapendo quando e quanto siamo fragili

Perché ci fai vedere il Tuo volto di Sposo, amante passionale che mai si stanca di invitarci alle nozze con Lui, che ogni giorno Ti offri a noi nell’Eucaristia per farci divenire una carne sola con il nostro sposo e noi con Te

  • Perché ci rimetti in piedi dal lettuccio a cui ora ci troviamo immobilizzati.

Vangelo – Marco 2, 1 – 12

1 Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2 e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.

3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. 4 Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. 5 Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.

6 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7 “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo? ”.

8 Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate così nei vostri cuori? 9 Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? 10 Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, 11 ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua”. 12 Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile! ”.

 

Nicoletta

3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone.

Signore Gesù, erano in quattro a portare il paralitico, in quattro a pensare un modo per fartelo arrivare il più vicino possibile, in quattro a credere che portarlo da Te sarebbe stata la migliore mossa possibile… non sappiamo quanti di loro fossero convinti nell’intimo che Tu l’avresti guarito. Forse neppure il paralitico osava sperare tanto… eppure insieme l’hanno portato, il peso si è fatto più sopportabile, la soluzione più a portata di mano…

Forse sta qui la risposta al più grande interrogativo che turba il nostro cuore: perché siamo fatti per amare eppure è così difficile?

Perché falliamo nell’andarci reciprocamente incontro?

Perché ci muoviamo da soli attorno al nostro amore che spesso è paralitico, colpito da mali che lo bloccano e lo feriscono! Noi da soli non caliamo nessun lettuccio dal tetto, nemmeno riusciamo a trascinarlo fino all’ingresso.

Perdonaci Signore perché questo è il nostro peccato più pesante: ci illudiamo di riuscire ad amarci senza l’aiuto Tuo, dei fratelli, degli amici.

Da soli ci lasciamo travolgere dai luoghi comuni e con battute, modi di dire, di fare, non diamo chiara testimonianza di ciò che crediamo: siamo fatti per amare intensamente il nostro sposo e non per sposare il nostro lavoro, i soldi, la salute, la religiosità.

Perdonaci perché quando vediamo il nostro matrimonio sul lettuccio del paralitico non Ti chiediamo neppure di aprire i nostri occhi per scovare accanto a noi quegli altri due o tre che potrebbero aiutarci a portarTi la povera barella davanti agli occhi scoperchiando il tetto della casa in cui sei.

Non crediamo che Tu puoi guarirci? Forse è vero… ma crediamo che solo da Te possiamo venire e che cosa sarà dopo lo mettiamo nelle Tue mani.

Contempliamo l’uomo che questa pagina di vangelo ci mette davanti: un essere umano rimesso in piedi da Gesù prima nell’intimo e poi nei suoi arti: ti sono rimessi i peccati: cioè ti ho ricreato ed ora se vuoi alzati e vai se no puoi restare qui sdraiato.

Signore perdonaci perché non Ti chiediamo quasi mai di ricreare il nostro amore, ma restiamo incatenati al nostro lettuccio chiudendoci per paura alla potenza del Tuo perdono rigenerante, continuando a tenere vivo in noi il rancore, la rabbia per i litigi passati. Ecco la paralisi che colpisce il nostro amore, è l’assenza di perdono Vero, la cura è il coraggio di perdonare. Sono Tu ci puoi dare questa forza che ci infondi nell’intimo e che i fratelli nella fede ci aiutano a mantenere viva.

 

Davide

Questo brano di vangelo dice che il bisogno più urgente di ciascuno di noi è quello di incontrare colui che pur riconoscendo i nostri limiti fisici e i nostri peccati, non ci rifiuta, non ci allontana da sé, non usa il Suo potere per farci pagare i conti, ma per perdonarci.

Ciò che ci colpisce è la reazione assolutamente inaspettata (per noi che siamo al secondo capitolo del vangelo di Marco, e per chi ascoltava) di Gesù di fronte a questo paralitico portato da quattro persone: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.

Prima di meravigliarci della remissione dei peccati (che è azione divina) ci meravigliamo e ringraziamo di un’altra bella notizia che deriva da questa frase di Gesù: il peccato non impedisce l’incontro con Dio; non lo impedisce non perché l’uomo peccatore si pente e dunque Dio lo perdona. Ma non lo impedisce perché è Lui a fare il primo passo, è il Suo amore che incenerisce i nostri peccati.

È molto importante per la nostra coppia sentire questo desiderio di Dio di donarci il Suo Amore, il Suo perdono, perché possiamo prendere il nostro lettuccio ed andare a casa nostra.

Anche questo particolare ci colpisce: va a casa tua, tra la tua gente, tra le persone che ami, che Dio ci ha messo accanto, dove deve iniziare la tua missione adesso che sei guarito e perdonato.

Questo atteggiamento di Gesù ci mette al riparo da falsi atteggiamenti di umiltà, di inadeguatezza cui siamo soggetti tutti al singolare, ma in particolar modo noi famiglie.

Dio ci perdona come coppia, ci guarisce e ci manda incontro agli altri a partire da casa nostra.

Questo brano ci dice qualcosa di grande sul perdono di Dio ed anche sul nostro perdono. Ci dice che il perdono ricrea, non cancella ciò che è stato, ma trasforma la ferita della nostra anima in pelle risanata, morbida e intatta, segno che non c’è caduta che possa abbatterci per sempre. Ci dice che perdonare è rimettere in piedi l’altro, è ridargli la sua dignità.

Ce lo ricorda la famosa parabola del figliol prodigo quando il padre al ritorno del figlio che aveva sperperato tutti i suoi averi non si limita a concedere il perdono. Gli si gettò al collo e lo baciò. Lì davanti a lui c’è un figlio che è disonorato, un figlio che ha perso la fiducia, un figlio che non è più figlio. (Luca, 15, 22)

Il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi.

La prima caratteristica che rende il perdono vero e autentico e permette di trasmettere vita (questo dovrebbe essere il significato più profondo del sacramento della riconciliazione: non cancellare peccati, ma trasmettere vita), è quello di restituire l’onore a chi con i suoi errori l’ha perso.

Siamo chiamati a fare questo in famiglia, a restituire l’onore, a rimettere in piedi (si ricordi ad esempio anche la lavanda dei piedi che fa Gesù ai discepoli): non dice lavate i piedi a tutti gli altri ma “Lavatevi i piedi a vicenda”, non in maniera unilaterale! Quindi, anche, amatevi come io vi ho amato, e non amatemi come io vi ho amato.

E da ciò scaturisce la voglia di fare festa! Quando il perdono è autentico ci spinge a festeggiare perché siamo caduti ma ci siamo lasciati rialzare a vicenda

E dunque, al versetto 24:

E cominciarono a far festa.

Il padre non invita il figlio a fare penitenza, ma a festeggiare. È molto importante la dimensione della festa, della riconciliazione e ritrovarci in piedi uno di fronte all’altra ci riempie i cuori di gratitudine

 

 

 

 

IL DONO DELLA VITA IN ABBONDANZA

Risonanza

Spirito Santo ti chiediamo di aprire i nostri cuori per saper contemplare il dono della vita con cui colmi in abbondanza le nostre giornate

Grazie per:

  • Per l’abbondanza di vita e di amore con cui ci attorni
  • Perché cammini accanto a noi nei momenti di stanchezza, delusione, fatica, sorprendendoci con la Tua tenerezza di Sposo che ci incoraggia continuamente attraverso la Tua parola e i fratelli che ci vivono accanto.
  • Per l’Eucaristia che abbiamo vissuto insieme e che ci hanno fatto vedere il Tuo volto vivo nel nostro sposo.
  • Per i doni inaspettati che mai ci saremmo osati chiedere e che Tu ci hai fatto
  • Perché ci chiami alla pienezza di amore continuamente
  • Per i frutti inaspettati che abbiamo portato agli altri grazie al sacramento che ci unisce, per le persone che abbiamo aiutato, riconciliato, sorretto, incoraggiato.
  • Perché ora sappiamo che la morte è via per la resurrezione, gioia piena e la paura che ci blocca, solo la fede in Te la può vincere.

Vangelo – Luca 24, 13 – 35

13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? ”. Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ”. 19 Domandò: “Che cosa? ”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”.

25 Ed egli disse loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? ”. 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”. 33 E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Nicoletta

27 E cominciando da Mosè

Non sappiamo quante ore abbiate camminato insieme Tu e i discepoli di Emmaus, sicuramente abbastanza visto che il racconto non sarà stato né affrettato né superficiale. E così anche noi ci godiamo la Tua presenza che senza fretta ci mette in condizione di contemplare il progetto di Dio dalla fase più lontana nel tempo fino agli sviluppi recentissimi.

E contemplando, contemplando, ecco apparire la vita che in abbondanza scorre nel corso della nostra storia circondata dalla tua tenerezza.

Non sappiamo quando percorreremo assieme come sposi sette miglia di cammino allontanandoci da Gerusalemme. Forse lo stiamo facendo ora, mentre scappiamo tristi e delusi dal nostro progetto nuziale, che si è infranto in una morte che a noi ha tolto tutte le speranze.

E proprio lì Tu ci vieni incontro, ci aspetti, per mostrarci la vita che in abbondanza continua a scorrere nel mistero del sacramento che ci unisce.

Per fare questo ci occorre un luogo e un tempo ben precisi nel quale fare memoriale di quanto abbiamo vissuto, segno tangibile della presenza di Cristo nella nostra vita. Saper scorgere il filo rosso della tua tenera presenza che con amore ha segnato tutti i giorni della nostra esistenza, tenendoci nel palmo della Sua mano sia quando abbiamo seguito la Sua voce sia quando ci siamo allontanati da Lui.

Ti preghiamo: custodisci il nostro tempo perché non ci manchi mai la possibilità di contemplare assieme la vita in abbondanza che abita casa nostra.

Vita che supera i contrasti riportandoci alla radice del nostro vivere: l’amore che ci unisce a coloro che il Signore pone intimamente accanto a noi; vita che sfida la nostra debolezza e ci lancia verso la pienezza dell’amore, luogo cercato e temuto da noi tutti; vita che non è mai contata o scontata, ma  sempre abbondante, al di là delle nostre aspettative, al di là dei nostri desideri.

 

Davide

Concludiamo il nostro percorso che ci ha visti partire dal dono dell’incontro e attraverso l’esperienza del perdono arrivare alla contemplazione della vita in pienezza che riempie ogni nostro attimo come dono immenso che incessantemente ci viene porto.

Dovrebbe essere il percorso della vita di un cristiano.

Non nasciamo per nascere, ma nasciamo per incontrare e attraverso il dono dell’incontro comprendere il dono più grande, il dono della vita.

Pensiamo all’esperienza di Adamo nell’Eden (Gen. 2,23) quando l’essere immesso nel creato dove c’erano “ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare… un fiume per irrigare il giardino… oro fine… resina odorosa, pietra d’onice” e poi ancora “ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo” non gli permette di gioire. Sarà solo l’incontro con Eva che gli permetterà di:

  • parlare, cioè esprimersi
  • avere coscienza di sé
  • fare esperienza di Dio

ecco che il dono dell’incontro permette di comprendere il dono della vita.

Ma Gesù non è venuto perché semplicemente abbiamo vita, ma perché “l’abbiamo in abbondanza” (Gv. 10,10).

Verifichiamo questo prima di tutto nel perdono, cioè nel dono incondizionato di Gesù del Suo amore che ci ricrea, che ci apre gli occhi, che ci ridona entusiasmo, voglia di vivere e di ripartire per incontrare di nuovo gli altri.

L’episodio dei discepoli di Emmaus ci sembra riassumere bene questo percorso della nostra vita di coppia.

La coppia delusa, ma potremmo dire ordinaria, in cammino verso un villaggio sconosciuto, insignificante.

Fa l’esperienza dell’incontro con Gesù che “spiegando loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a lui” permette loro di ricomprendersi, di cambiare rotta. Dalla coppia delusa (speravamo…) alla coppia accogliente (resta con noi…)

Fa l’esperienza del dono e implicitamente del perdono di Gesù. Invitato è Lui a prendere il pane, a spezzarlo e a darlo loro. Con questo gesto Gesù perdona la loro incredulità e la loro poca fede che è il nostro peccato per eccellenza: non è il non sapere, ma il non credere (i discepoli sapevano che alcuni angeli avevano detto alle donne che era vivo). Anche a noi molti angeli dicono che Cristo è risorto, è vivo in mezzo a noi (pensiamo a tante persone concrete che ci testimoniano questo), ma noi continuiamo a non credere, a rimanere indifferenti, a vivere come se Cristo non fosse risorto.

L’esperienza del perdono fa allora gustare la vita in pienezza.

“Non ci ardeva forse il cuore nel petto….” 33 E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro…

La vita in abbondanza è perché noi doniamo vita, di nuovo attraverso l’incontro, il perdono reciproco, il dono della vita agli altri. È un itinerario che siamo chiamati a vivere ogni giorno in famiglia con il nostro coniuge: incontrarci – perdonarci – donarci vita.

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