“Intessuti di fibre eucaristiche”  (Padre Enrico Mauri)

Nicoletta e Davide Oreglia

Davide:

Il nostro percorso di vita di sposi, possiamo dire, è stato accompagnato dalla scoperta del pensiero di Padre Mauri, dalla Famiglia di Padre Mauri e dalla vita nella sua casa alla luce del carisma. Perché abbiamo conosciuto l’Opera Madonnina del Grappa, e abbiamo conosciuto Padre Mauri, proprio l’anno in cui abbiamo deciso di sposarci. Allora eravamo a Roma  e stavamo studiando con Don Francesco e Don Renzo e attraverso loro  siamo venuti in contatto con la Casa, con le Oblate, con il pensiero di Padre Mauri. Allora davvero possiamo dire che ci  siamo intessuti nella nostra vita di coppia, di questi quindici anni, con le parole del padre. Partendo dalla nostra esperienza di vita, da quello che abbiamo via via imparato nell’Opera e condiviso,  proponiamo quindi un piccolo percorso, per riflettere su queste parole di Padre Mauri: «Intessuti di fibre eucaristiche».

Nicoletta:

Oggi vogliamo riflettere sull’importanza, ai fini della conoscenza, di contemplare lo sfondo sul quale ci muoviamo. Per comprendere, facciamo un esempio. Se scattassimo una foto ad un nostro amatissimo amico, togliendo tutto quello che ha intorno, lasciandolo quindi seduto nel nulla, il risultato sarebbe poco comprensibile per tutti. Ma se, poi poco per volta aggiungessimo dei dettagli, la foto acquisterebbe un senso diverso, verrebbe inserita nel suo contesto e potrebbe conseguire un senso diverso. Lo stesso avviene per noi, quando ci mettiamo vicino all’Eucaristia, con il Signore possiamo vedere la nostra vita e la sua profondità, perché è come se lo sguardo recuperasse il suo sfondo, creato da tanti dettagli minuscoli. Così Padre Mauri chiedeva di fare davanti al mistero eucaristico, perché la contemplazione è uno stare davanti per acquisire poco per volta uno spessore maggiore, man mano che i dettagli dello sfondo vanno a comporsi. Il Padre spesso faceva retrospettive e riguardava il passato, ma mai per un senso di nostalgia.  Guardava il passato per riprendere il filo della storia che il Signore stava creando con l’Opera.

Ora proponiamo di guardarci con uno sguardo attento per vederci già intessuti, ognuno di noi, di queste fibre eucaristiche, ed è preziosissimo iniziare a vederle: Guardiamo che cosa sta accadendo in noi e sul nostro sfondo: valorizzare il nostro spessore pur con i nostri limiti e le fatiche, ma quante fibre eucaristiche brillano in noi, indipendentemente della nostra bravura anzi a volte più per amore di Dio nei nostri limiti che non tanto per le nostre virtù.

Davide:

Ci facciamo discepoli di alcuni spunti che in questo periodo abbiamo letto, meditato, pregato.

Il primo è una serie di scritti di Padre Mauri sull’importanza dell’Eucaristica e dell’ Adorazione: una breve, ma “intensa” raccolta di testi del Padre riferiti alla vita eucaristica e alla vita nuziale della coppia, che, come associazione sposi, alla presenza del Vescovo, abbiamo meditato e pregato nella nostra settimana di formazione estiva a S.Maria di Leuca.  

Il secondo è il testo “Conquistato da Cristo” scritto da Chiara Mori e Osvaldo Richelli, già qualche anno fa  ma che  ci sembra importante andare a ripescare.

Scrive Padre Mauri:

«Il tessuto della vita spirituale è fatto di fibre eucaristiche che ne compongono la trama, l’ordito e il disegno particolare. Il tessuto non è lavoro grossolano, macchinale, standardizzato, ma lavoro fine, a mano, paziente e perseverante».

In questa bellissima espressione possiamo notare subito due cose fondamentali: la prima, la vita spirituale è possibile perché siamo intessuti di fibre eucaristiche. Abbiamo già la materia prima dentro di noi, non dobbiamo inventarci qualcosa, non dobbiamo andare a conquistare qualcosa per vivere la vita spirituale, se c’è uno sforzo forse da fare, dice il Padre, è quello di riconoscere  il fatto che ciascuno di noi è intessuto di queste fibre eucaristiche, dalle quali può trarre senso e vita.

Vorrei richiamare l’attenzione sull’espressione “ciascuno di noi”, come primo punto di partenza. “Ciascuno di noi” ha questa potenzialità, la capacità per vivere questa dimensione della vita spirituale. Secondo aspetto: siamo chiamati a comporre “un disegno particolare”, non un disegno uguale per tutti, non un’imitazione di un disegno che il Padre o qualcuno fa e al quale noi dobbiamo cercare di uniformarci. Utilizzando queste fibre compiamo un lavoro non standardizzato, ma “fine, a mano, paziente e perseverante”. Un lavoro che ciascuno di noi è chiamato a fare, nella gioia, ma anche nella pazienza e nella perseveranza. Ci piace l’idea che dobbiamo trafficare “a mano” questo lavoro.

Questo vale per la singola persona e vale anche per la singola coppia, per ogni coppia. Non c’è un disegno uguale per tutti, ma c’è un disegno che ogni coppia di sposi unita nel sacramento del matrimonio è chiamata a comporre, è chiamata a far emergere nella sua specificità, non è standardizzata. E questo è possibile, perché anche ciascuna coppia, come ciascuno di noi, è intessuta di queste fibre eucaristiche.

Per Padre Mauri ha grande importanza la vita spirituale, che lui chiama spesso “vita ascetica”. Una “vita spirituale” che per Padre Mauri rappresenta la concretezza nella vita quotidiana e si fonda sull’amore al Sacro Cuore, che è un cuore eucaristico. Padre Mauri  anticipa quanto dirà il Concilio, sull’Eucaristia quale fonte di ogni dimensione spirituale. Infatti scrive Padre Mauri:

«Tutte le pratiche di devozione sono amate, ma quelle eucaristiche hanno la precedenza».

Perché è così importante per la vita spirituale che ciascuno di noi sia intessuto di fibre eucaristiche? Padre Mauri vive in un’epoca in cui il culto eucaristico è in fermento, ma allo stesso tempo è anche una innovazione. Sappiamo che  Padre Mauri partecipa a più convegni eucaristici, sia nazionali che internazionali, ha una speciale devozione per il cuore eucaristico e giunge a dare una bellissima definizione di Eucaristia:

«L’Eucaristia è un atto di amore»

Quanto è importante riscoprire l’Eucaristia come un atto di amore! In ogni pagina in cui Padre Mauri parla di adorazione e di Eucaristia, vengono tenute presenti e sempre insieme le due dimensioni dell’interiorità e dell’apostolato. Dimensioni tanto essenziali da cui scaturiranno le specificità delle vocazioni delle oblate, delle vedove, degli sposi, dei sacerdoti, chiamati a vivere nella famiglia dell’Opera.

Allora partiamo dalla dimensione dell’interiorità: Scrive il Padre:

«Il nascondimento, l’interiorità è il carattere verso cui muove la pietà cattolica ai tempi nostri, all’anima moderna che non sa raccogliersi un istante solo, che si disperde in un turbine di interessi e di conquiste esteriori . A quest’anima che non sa pensare a Dio, e non sa pensare se stessa, la provvidenza oppone  i santi dell’interiorità.»

Questo “nascondimento” nella contemplazione dell’interiorità sembra prefigurare la costruzione di ciò che oggi definiamo in modo moderno la “stanza interiore”. C’è il momento in cui dobbiamo coltivare l’interiorità, sia come persona sia come coppia, quasi un raccoglimento per subito dopo aggiungere:

«Spirito di interiorità sì, ma pure spirito di apostolato.»

Negli scritti del Padre Mauri vediamo chiaramente la sua preoccupazione pastorale di entrare nella concretezza suggerendo la soluzione anche dei dubbi che qualcuno poteva avere. E’ lui che scrive:

“Per chi questo amore che ci dà l’Eucaristia?”

Sentite la concretezza della domanda. E della risposta.

“Per le anime, tutto per le anime”.

Altra domanda cruciale che Padre Mauri affronta:

“Nell’istituire l’Eucaristia il Sacro Cuore che cerca? Esso cerca il Regno di Dio Padre nel cuore degli uomini, finalità di questo amore che simboleggiamo nel cuore eucaristico. La terra che deve diventare cielo, il cielo che deve congiungersi alla terra”.

Dunque interiorità per vivere l’apostolato, per le anime, per il cuore degli uomini, per l’annuncio. Notiamo come questa affermazione possa essere letta come un’anticipazione di quello che ci chiede oggi il nostro papa Francesco, quando nell’ “Evangelii gaudium” ribadisce l’importanza dell’annuncio, della Chiesa missionaria:

”Neppure dovremmo intendere la novità di questa missione, come uno sradicamento, come un oblio della storia che ci accoglie e ci spinge in avanti come una cosa del tutto nuova slegata dal passato”. “La memoria è una dimensione della nostra fede che potremmo chiamare  Deuteronomica in analogia con la memoria di Israele. Gesù ci lascia l’eucaristia come memoria quotidiana della Chiesa che ci introduce sempre più nella Pasqua. La gioia evangelizzatrice brilla sempre sullo sfondo della memoria grata, è una grazia che abbiamo bisogno di chiedere”. [Evangelii gaudium n.13]

L’evangelizzazione parte da una memoria o possiamo dire, come ha detto Nicoletta, da uno sfondo che dà senso a quello che noi facciamo. Da questa consapevolezza possiamo camminare verso gli altri, verso la Pasqua. Ed è una memoria grata, non deve essere una memoria triste, rivendicativa o condizionata da una grazia che abbiamo bisogno di chiedere.

Padre Mauri fa richieste determinate sia nell’aspetto della vita interiore che in quella dell’apostolato, e non si limita a suggerire in modo generico come vivere nel mondo ma indica delle categorie ben precise ed esigenti per chi vuole seguire il carisma dell’amore di Cristo e della Chiesa. Scrive il Padre:

«L’opera deve avere al Centro l’Adorazione eucaristica e come  sua finalità non un apostolato qualunque, ma quello inteso a incrementare la vita interiore in ordine all’apostolato, a suscitare anime di sacerdoti e di laici da non accontentarsi di una vita apostolica comune, ma da aspirare a migliori carismi di grazia e di apostolato, seminando, coltivando, orientando le anime stesse a consacrarsi a nostro Signore nel mondo perché Cristo regni.»

E’ bellissimo: “la vita interiore per l’apostolato” ma anche “l’apostolato per incrementare la vita interiore”, è un circuito che si alimenta di una dimensione di adorazione e che si alimenta anche del fatto di “andare verso” e di annunciare quello non in un modo generico, ma in un modo specifico perché dobbiamo aspirare, dice, a migliori carismi di grazia e di apostolato seminando, coltivando, orientando le anime a consacrarsi nel mondo perché Cristo regni.

Padre Mauri è consapevole della novità ecclesiale dell’Eucaristia e scrive ancora:

«E’ il secolo della Comunione quotidiana, dell’Adorazione eucaristica, dei congressi eucaristici locali, nazionali ed internazionali. Senza questa immissione dell’Eucaristia nella vita cristiana del secolo XX non sarebbero sorte le forme di consacrazione dei laici al Signore per viverla nel mondo, tanto meno sarebbe stato possibile il fiorire dei laici che il matrimonio impegna nella vita familiare, che del matrimonio comprendono la sacramentalità che lo vivono fino al punto di tradurlo in uno stato di perfezione e di consacrazione a Dio.»

Qui Padre Mauri è veramente profetico di intuizioni sul laicato e sul matrimonio come via alla santità, in più trova proprio nel fermento eucaristico la radice che permette di innalzare ad espressioni così elevate il sacramento del matrimonio tanto da proporlo come uno stato di vita per la perfezione e la consacrazione a Dio. Per la grazia dell’Eucaristia la sacramentalità del matrimonio si traduce in uno stato di perfezione e consacrazione a Dio.

La teologia ha poi sviluppato questa intuizione stabilendo che l’Eucaristia, in quanto sacramento culmine di tutti i sacramenti, è anche origine e fondamento del sacramento del matrimonio. Vi proponiamo un’altra bellissima definizione di Eucaristia di P.Mauri:

“L’Eucaristia è sole che da luce, calore e forza alla vita spirituale ed apostolica”

Ancora scrive, nel 1964, al termine dell’XI corso di apostolato ascetico che aveva per titolo: “Il mistero eucaristico e la santità”:

«I corsi sul tema “Cristo e la santità” si sono chiusi e grazie a Dio felicemente, vi parteciparono tra sacerdoti e laici oltre 200. Abbiamo visto con piacere numerose oblate e abbiamo pensato che se non di persona, in spirito, tutte hanno presenziato alla proiezione dell’ascesi cristiana nella luce del mistero eucaristico… tutti i partecipanti a questa luminosa proiezione hanno l’impegno di trarne le pratiche conseguenze per una migliore impostazione della loro vita ascetica. Vorrei avere la parola così ricca di luce e di fervore teologico dei maestri che hanno fatto scuola ai nostri corsi per riecheggiarla. Più poveramente la mia parola, pur illuminandosi alla dottrina teologica, vuol essere soprattutto una parola che dall’Eucaristia, vissuta nei tre aspetti di sacrificio, comunione, presenza reale, traccia luminosamente la via della cristiana ascesi.»

Allora Padre Mauri richiama, dopo tutto quello che è stato teologicamente detto, a sentire il proprio impegno più profondo alla luce dell’Eucaristia, e indica come la vita eucaristica possa aiutare a camminare verso la via alla santità e brevemente dice:

«Il primo passo è dato dalla S. Messa, conosciuta, vissuta, concelebrata con la Chiesa tutta come l’oblazione di Cristo al Padre per reintregrarne la gloria e redimere il mondo»

Un’oblazione sacrificale per la gloria di Dio e la redenzione del mondo. L’eucaristia è il memoriale di questa donazione per la gloria di Dio e la redenzione del mondo. Il secondo passo è considerare la comunione come:

«Amplesso di Gesù alle anime e delle anime a Gesù in quella fiamma di amore che nelle anime a Cristo consacrate deve avere la pienezza perché sue mistiche spose.»

Una donazione che esprime con questi forti termini di un  amplesso di Gesù alle anime e delle anime a Gesù. La comunione eucaristica pertanto non  deve essere considerata soltanto come un divino corroborante per  ascendere, cioè come una forza per poter camminare ma anche l’alimentazione di quel divino amore che si consuma nell’amplesso eucaristico e dall’amplesso eucaristico si nutre. Un amore carnale, ci verrebbe da dire, concreto, reale, che ci dà la forza, ma ci permette di scoprirci più amati.

La vita spirituale cresce quanto più scopriamo che il Signore ci ama in modo concreto e lo riconosciamo nelle opere concrete realizzate per noi.

Un altro aspetto da sottolineare è la presenza eucaristica di Cristo nei nostri tabernacoli, come «sole divino che ogni giorno si affaccia alla sua contemplazione e adorazione». Padre Mauri ha iniziato l’Adorazione Eucaristica per l’Opera 90 anni fa, vivendola e facendola vivere sempre più alle persone a lui accanto. Ecco il senso di questa presenza eucaristica di Cristo nei nostri tabernacoli come un sole che ogni giorno si affaccia alla sua contemplazione.

 

Nicoletta

Padre Enrico Mauri era un innamorato dell’Eucaristia. Sicuramente aveva ricevuto tanti doni che si erano sedimentati nel suo cuore, grazie alle lunghe soste davanti al cuore eucaristico di Gesù. Per lui le fibre eucaristiche erano assolutamente carnali.

Possiamo fare un esercizio eucaristico fermandoci cinque minuti in meditazione per pensare ad un gesto concreto di tenerezza che qualcuno oggi ha fatto per noi: Basta anche un “mi ha preparato il caffè”, questo può essere il primo passo. Se in questi 5 minuti non è venuto in mente niente, dobbiamo tornare all’Eucaristia, perché per Padre Mauri, stare davanti all’Eucaristia è ricevere una forza infinita per amare l’altro, ma questo avviene se scopriamo quanto siamo amati, diversamente corriamo il rischio di esercitare rivendicazioni: “Io amo dieci tutto il giorno, lunedì, martedì mercoledì, giovedì venerdì, sabato, domenica qualcuno mi amerà 60?”. Non funziona così.  L’amore eucaristico è incarnato perché ti dà la possibilità, quando sei nell’adorazione eucaristica, di godere dell’amore che già hai ricevuto ed è per questo che vai incontro agli altri amando. Non sei un rivendicatore, non sei un sindacalista, sei uno che ha ricevuto tanto e gratuitamente, per questo “ti preparo il caffè con gioia perché so che tanti lo hanno preparato a me negli altri giorni”. E lo faccio non “come un peso” ma “perché mi è venuta l’idea di …”. E’ questo il sentimento eucaristico di cui ci parla il Padre, una realtà incarnata. Non andiamo all’Eucaristia per prendere Gesù e poi soli soletti tornare  al posto, tutti contenti perché “abbiamo Gesù nel cuore”, perché “Gesù è nel cuore per essere donato”. Quando io vado all’Eucaristia, la domanda che mi  devo fare è questa: “Di cosa ringrazio io di aver ricevuto in questi giorni?” e “Signore, questo per chi è?”.

Se non facciamo questo, noi abbiamo fatto solo un esercizio di meditazione come tanti altri o un esercizio ginnico, se siamo in ginocchio, …ma non abbiamo compiuto quello che ci chiede l’Eucaristia, che ci chiede Padre Mauri. Perché per Padre Mauri ascetica e apostolato andavano sempre di pari passo, per noi vuol dire anima e corpo. Se riviviamo il nostro “noi” nell’Eucaristia, ci togliamo il nutrimento. L’Eucaristia è ascesi in questo senso: per andare a Dio devo passare attraverso i miei fratelli, non si va da soli al Signore ma è la comunione che ci farà crescere. L’Eucaristia vive in noi se mi fa venire in mente il bene ricevuto dagli altri. Se mi viene in mente questo non sono distratta dall’eucaristia, ma sto portando la vita a Cristo. Padre Mauri ci chiede di andare all’Eucaristia in continuazione. Ma perché abbiamo bisogno di questo in continuazione?                              Non si può vivere in apnea 364 giorni e respirare solo un giorno all’anno. La nostra vita nuziale è retta da tutte le cose piccole che ne compongono lo sfondo, anche piccole cose che possiamo regalare a tutti.

Padre Mauri sta davanti all’Eucaristia senza nessuna ansia da prestazione, che è una “malattia pastorale” molto diffusa e che ci fa dire: “Signore io non ce la faccio”. Invece Padre Mauri ci dice che stare davanti all’Eucaristia è stare davanti a un amore infinito che è come immergerci in fondo a un mare e darci la possibilità di respirare questo amore nella nostra dimensione,  di compiere gesti che sono alla nostra portata.

Padre Mauri ci chiede di vivere un’adorazione eucaristica che entri nelle nostre vite e non si fermi alla superficie. Questo vale anche per la vita degli sposi: quanto è bello e liberante imparare che il nostro amore ha momenti in cui vive e cresce grazie al nascondimento. Questo è un aspetto bellissimo e un termine bellissimo con cui il Padre descrive come l’Eucaristia agisce nei nostri cuori: il nascondimento.

“Lo spirito della devozione al cuore eucaristico è uno spirito di profonda interiorità. L’atto di amore, infatti che ci dà l’Eucaristia è un atto d’amore che tende a nascondere il suo soggetto e la sua grandezza. Un amore che avvolge l’uomo Dio in ombre così fitte da non lasciare sfuggire un fulgore della sua divinità e nemmeno un raggio di bellezza dall’assunta umanità, è un amore che occultandosi tutto nell’ombra di un mistero vuol vivere in esso soltanto di preghiera e di olocausto. Ebbene il nascondimento e l’interiorità è il carattere verso cui muove  la pietà cattolica ai tempi nostri”.

Nascondimento: il togliere un peso al nostro sposo, e farlo senza che lui se ne accorga immediatamente, ci rende liberi. Il nascondimento è fare i conti con quello che ognuno di noi ha dentro, che noi chiamiamo “il ragioniere”. Ognuno di noi ha dentro “un ragioniere” personale che conta, pesa e misura quello che facciamo noi. Conta quante volte portiamo la spazzatura, conta quante volte mandiamo i messaggi, conta quante volte andiamo a prendere il pane, quante volte ci alziamo di sera quando qualcuno si sveglia… conta, conta , conta, e alla fine della settimana o del mese stende il bilancio che funziona così: io ho dato mille, mentre tutti gli altri non sono contemplati. E così mi mette nella posizione di avere un sacco di crediti da vantare, ma nello stesso tempo mi rende una persona che non è facile avere accanto. Il nascondimento è smettere di contare in questo modo. Ma per fare questo, preservando la nostra autostima che è preziosa, bisogna fare un passaggio intermedio e una volta alla settimana fare lo stesso suo lavoro ma contare e misurare quello che gli altri hanno fatto a me. E’ sempre lui, il mio ragioniere, è sempre la sua competenza, che misura e pesa ma per qualcun altro. Misura e pesa mia sorella, misura e pesa la mia compagna di comunità, misura e pesa il mio parroco, misura e pesa. Questo secondo noi è il primo passo da fare per entrare nel nascondimento dell’Eucaristia.

Il gesto d’amore che facciamo, per essere un gesto d’amore vero, deve essere “amante e amabile”, cioè per prima cosa la persona che lo riceve lo deve poter comprendere e raccogliere come prezioso. Secondo, si costruisce nel tempo e perciò si deve mantenere la curiosità. Quando Padre Mauri parla di un “tessuto eucaristico specifico” intende avvertirci dall’atteggiamento erroneo di chi vuole subito la “ricetta”. Nella mia professione di consulente di coppia, quello che tutti mi chiedono è la ricetta, ma in realtà, la “ricetta”, come siamo abituati noi a pensarla in termini di cucina o di posologia di una medicina, non esiste. Occorre allora mantenere la curiosità di scoprirci giorno per giorno, perché questo tessuto unico è qualcosa che si costruisce giorno per giorno, e non sappiamo dove ci porterà. E’ una trama che guardo con interesse perché parla di me oggi, di quello che potrei essere domani, e mi dice qualcosa che stupisce, e che per la nostra coppia di sposi è essenziale. Possiamo anche dire che come sposi abbiamo ricevuto un grande dono nel giorno del sacramento delle nostre nozze, e questo è come un seme di una pianta che noi ancora non conosciamo; ogni anno fiorisce di fiori diversi e cresce in modo a noi imprevedibile. Qualche volta spunta un frutto dove non te l’aspettavi e invece qualche ramo, che ci sembrava fortissimo, secca. Le coppie eucaristiche sanno tagliare dove è secco: avevamo un sogno (di avere tanti bambini, di poter avere una casa grande, di poter essere ospitali, di un figlio diverso,…) ma non si può realizzare, fa male e si taglia… Se siamo capaci di tagliare il ramo secco vedremo quell’altro ramo, da cui stanno già spuntando i fiori che sono frutti dello Spirito. Dobbiamo fare attenzione perché a volte noi abbiamo questa idea disincarnata dello Spirito Santo, ma non è questa la nostra fede, e se cerchiamo quei frutti eterei non li troveremo, ma se cerchiamo i frutti concreti di cui parla Padre Mauri, li troveremo nelle nostre vite.

Cristo, ci dice Padre Mauri, non ci chiede una sottomissione ma un’intimità con lui, questo è un altro aspetto bellissimo, «intimità di cuore, di pensieri, di affetti, di vita». Non ci sono esibizioni di forza da parte di Dio, niente catene se non quelle dell’amore che fanno del giogo un peso soave da portare, ma per arrivare qui è importante ricordare che la forza stesso del cammino ci viene data dall’Eucaristia. Noi dobbiamo sapere che il dono più grande è l’intimità, è il dono da chiedere nell’Eucaristia. Intimità intesa come fusione piena che si raggiunge solo con la grazia dei doni dello Spirito Santo e che riguarda non solo il cuore ma anche i pensieri. Dice Padre Mauri:

«L’intimità è di natura sua fusione piena di due anime di due cuori di due vite, per cui l’una pensa, ama, vive in perfetta sintonia con l’altra. L’intimità con Dio è questa sintonia perfetta col divino pensiero e col divino palpito del suo cuore. Tale intimità si raggiunge solo sotto l’azione dei doni della sapienza e della pietà. Con la sapienza ci si introduce nella mente di Dio, con la pietà nel cuore divino».

E per questo, dice il Padre dobbiamo rivolgerci a chi ha vissuto nell’intimità divina, a Maria, la Madonna, mistica sposa dello Spirito Santo.

«Invochiamo così Maria perché interceda anche per noi  in abbondanza questi ineffabili doni nella luce dei quali vogliamo coronare la visione e l’ascesa al monte santo della perfezione, all’illuminazione all’intimità divina, all’intimità di pensieri, di affetti, di mente di cuore di vita. »

Pensate a quanto è essenziale l’intimità per la crescita delle relazioni e nella relazione. Anche per noi sposi, l’intimità è il desiderio di cercare la comunione nella relazione. Cercare l’intimità prevede la parola, il parlarsi, ma può essere che questo non sia esaustivo. Allora se non riesco a dire quello che ho nel cuore solo con le parole, cercherò un maggior contatto che aiuti a migliorare la nostra comunicazione, per esempio guardare negli occhi, prendere una mano, qualcosa che aiuti a dare una continuità a quello che si sta dicendo. Dobbiamo cercare l’intimità. Pensate quante volte ci scopriamo a dire: “Ma io questa cosa l’ho detta!” come per dire: “quello che dovevo fare l’ho fatto”. Di solito quando raccontiamo così, non diciamo delle parole ma le sbattiamo addosso all’altro senza preoccuparci se l’altro le raccoglie. Invece se lo scopo fra noi è cercare la comunione e creare l’intimità, questo atteggiamento non funziona. Posso allora cominciare con il raccontarti, e se non basta, ti guardo negli occhi; se non basta, ti tocco le mani; se non basta, ci metto più tempo; se non basta, ti scriverò e se non basta, ti manderò anche una foto,… abbiamo tanti strumenti da giocare per creare intimità, per fare vicinanza.

La vicinanza, come diceva Padre Mauri, è la fusione della mente e del cuore. e dobbiamo sapere che il nostro centro sta nella crescita di questa intimità e che il Signore è lì presente. Non dobbiamo aspettare gli “effetti speciali”, basta anche un sorriso e un abbraccio.

Nei nostri incontri di Villa Annunciata (.v Corsi di formazione Associazione Sposi in Cristo) parliamo del calore degli abbracci. Anche Madre Elvira Petrozzi, fondatrice della Comunità Cenacolo di Saluzzo, nel suo libro L’abbraccio (pubblicato dalle edizioni San Paolo) dice che un abbraccio per essere sincero deve durare  almeno cinque secondi, sotto i cinque secondi è solo un fatto di ginnastica ma non ci siamo abbracciati.

L’intimità di cui parla Padre Mauri è quella che abbiamo potuto respirare leggendo le sue pagine. Padre Mauri mentre era davanti al Signore sentiva molto pressante il desiderio di Cristo, di diventare intimo con lui, sentiva così urgente la voglia che Cristo aveva di unirlo a Sé che vedeva l’opera di Cristo in tutte le cose, nelle parole, nelle oblate, nelle spose, nelle vedove, nei sacerdoti, nei teologi. Padre Mauri era a misura di Eucaristia per cui riconosceva anche le fibre più piccole, ed è questo carisma che ci ha regalato

Davide

Allora, come possiamo stare davanti a Cristo per poter ascoltare la sua Parola per noi?  In un atteggiamento confidenziale, “seduti all’ombra di Gesù”. E’ Padre Mauri che lo dice:

«Seduti all’ombra di Gesù con lo sguardo fisso a Gesù e sotto lo sguardo amoroso di lui.»

Ecco come il Padre vede l’Adorazione sapendo che il suo sguardo amoroso ci sta riempiendo e coprendo.  Stare, guardare e lasciarsi guardare. Lo sguardo è come una porta per entrare nell’intimità con Dio, è anche la porta per entrare nell’intimità con la sposa con lo sposo. Non solo stare occhi negli occhi, ma darsi il tempo per assaporare la bellezza dell’averti accanto, del sapere che ci sei.  Molti sposi ci hanno confidato che “dare l’altro per scontato” è stato l’inizio di un perdersi di vista. Sapere che “tu ci sei” è tornare alla gioia della scelta, del cammino fatto insieme anche nelle fatiche. Riprendere in mano la nostra storia e vedere che è storia di salvezza ma non solo, è memoriale perché la presenza viva dello Spirito Santo, che ci è stato donato il giorno delle nozze, può essere viva e vivificante in ogni giorno con la stessa forza, accresciuta dall’intimità che abbiamo costruito fra noi. A volte è anche solo la speranza di vivere questo a muovere i nostri passi in direzione di Gesù.

La dimensione nuziale dell’amore eucaristico 

La nuzialità non è un qualcosa che all’improvviso appare nell’orizzonte teologico e spirituale di Padre Mauri, ma lo ha sempre accompagnato nel corso del suo itinerario spirituale, magari con una consapevolezza diversa col passare degli anni, come egli scrive ricordando le decorazioni della cappella della casa. Dalle prime consacrazioni allo sposo Gesù Cristo, come risposta al Suo amore eucaristico, nasce l’approfondimento di un’idea spirituale già presente dai primordi della Chiesa (v. “Conquistato da Cristo”, a cura di Richelli e Mori, ed. Effatà).

Padre Mauri scrive nel 1960:

«La nuzialità riflesso del rapporto nuziale fra Cristo e la Chiesa è la luce che ha sempre illuminato il cammino paterno e che il Padre vorrebbe lasciare in eredità alle sue figlie in Cristo, le Oblate di Cristo Re.»

Scrive ancora Padre Mauri con un linguaggio ardito ma affascinante:

“La santa comunione è il reale mistico amplesso con Cristo che fa concorporei e consanguinei con lui e mette a contatto  il suo cuore divino  con il nostro povero cuore , è rinnovata Pentecoste perché Gesù nell’amplesso eucaristico effonde il suo Divino Spirito con la ricchezza dei suoi doni.»

Di fronte a questa offerta non può che esserci un’unica possibile risposta da parte di noi che siamo intessuti di fibre eucaristiche e la risposta è quella dello stare a colloquio con lui. E’ una pagina, forse delle più belle per descrivere il senso e il significato dell’adorazione. Scrive il Padre:

«Notate, a colloquio è meglio che in visita, poiché la visita ha più del suddito al re, del servo al padrone, dell’amico all’amico, del parente al parente; intrattenersi a colloquio intimo è invece della sposa con lo sposo anche se questo colloquio si esaurisse nello scambio di proteste di amore di Cristo per l’anima e dell’anima per Cristo in una gara di “ti amo” da parte dell’anima e di “ti amo” da parte di Gesù. “Ti amo” dice Gesù, “anch’io Ti amo” risponde l’anima; “amiamoci!” esclamano insieme, tu da Sposo divino e io da mistica sposa.»

Tanto è vero per l’Oblata quanto vale la relazione con l’eucaristia nella vita degli sposi e in questi testi il Padre vuole far vedere quanto la potenza dell’Eucaristia sia forte e concreta per la vita di due sposi.

«Gli sposi sperimentano nell’Eucaristia Dio che dona se stesso nel modo più semplice e povero che vi sia; quello di dire la grandezza del suo amore in un pezzo di pane; così la semplicità, la piccolezza, l’ordinarietà della vita di coppia può essere compresa dalla coppia stessa come luogo in cui esprimere l’immensità dell’amore. E’ come che se per comprendere fino in fondo l’Eucaristia fosse ineludibile conoscere il senso dell’ordinarietà della vita, capire l’umiltà dell’Eucaristia vuol dire capire la grandezza del più piccolo gesto vissuto per amore dentro la vita di casa. La realtà quotidiana degli sposi può essere quindi luogo di una celebrazione eucaristica fatta di piccoli gesti.»

Per Padre Mauri, partecipando nell’Eucaristia alla sponsalità di Gesù, noi sposi siamo resi in grado di contemplare anche nella nostra unione coniugale la medesima relazione che Gesù vuole avere con noi. Padre Mauri parlava spesso del Matrimonio e dell’Eucaristia come di sacramenti intimamente collegati al punto che uno scaturisce dall’altro. Il Matrimonio cristiano infatti trae la propria ragion d’essere dall’Eucaristia, quest’ultima è infatti il grande sì d’amore di Dio che è il fondamento per il sì d’amore degli sposi.

 

Per comprendere la potenza dell’Eucaristia anche nella delicatezza del rapporto sessuale degli sposi, che Padre Mauri chiama “rito nuziale”, leggiamo: “

«Quando il rito nuziale è compiuto con buona preparazione e buona attuazione non può che dare buoni figlioli e la preparazione e l’attuazione vanno fatte in vista della buona concezione cioè del buon concepimento e generazione. Concepire in grazia di Dio, almeno per parte della sposa, equivale ad ambientare in clima di grazia il novello germoglio. Concepire nell’Eucaristia e cioè in periodi di vita eucaristica, santa comunione, equivale a partecipare la concorporeità e la consanguineità di Cristo al nascituro. Due sposi gemelli di grazia, di eucaristia di vita, di castità, di carità, di culto del sacerdozio, apostolato, santità che in questo stato iniziano una vita novella non possono iniziare che la vita di un eletto, ecco dunque un segreto: cogliere il momento migliore sia fisicamente che spiritualmente per il rito nuziale fecondo per essere genitori santi di santi figli. »

Ecco la fede quasi eroica nella forza e nella concretezza dell’Eucaristia che arriva al punto di far dire a Padre Mauri che concepire in grazia eucaristica produce frutti di santità..

Nicoletta

L’aspetto più elementare è quello di vedere nella comunione nuziale, la comunione con l’immagine sacramentale dello Sposo divino, che riceviamo nella sua divina realtà proprio nella comunione eucaristica.

Noi spose sappiamo che sacramentalmente lo sposo cristiano è immagine dello Sposo-Cristo e che la donazione nuziale rende gli sposi concorporei e consanguinei, cioè partecipi della corporeità, come dice Adamo quando vede Eva: “E’ carne della mia carne e osso delle mie ossa” (v. Gen 2,23).  Ma vi è un altro aspetto profondo nel rilevare che se la donazione nuziale fa gli sposi concorporei e consanguinei, la donazione eucaristica fa gli sposi concorporei e consanguinei con Cristo eucaristico, cioè capaci di quell’amore divino, e c’è una sintesi che rende benissimo la cosa: “ci amiamo da Dio”. E Padre Mauri ci dice che questo è possibile grazie alla presenza di Cristo, che nell’Eucaristia assume il nostro amore, le nostre fatiche, entra nelle stanze di casa nostra, non solo nella stanza intima della preghiera ma in tutte le altre, anche le meno decorose, tutte quante.

L’Eucaristia secondo Padre Mauri è il «culmine e la fonte della comunione fra gli sposi». Lui non dice andate all’Eucaristia, così il Signore vi perdonerà. Lui dice andate all’Eucaristia, vi darà la forza per crescere nel vostro amore carnale e il Signore vuole questo da voi, che cresciate in intimità. Il Signore vuole entrare nelle nostre fibre, non ha paura di “sporcarsi” e “perdere” la sua alterità da noi. Quante volte invece tra marito e moglie, abbiamo paura di “sporcarci” magari accogliendo o perdonando un limite dell’altro; a volte siamo “più giusti della giustizia” con nostro marito, è una battuta che rende l’dea. Cristo ci chiama a entrare nelle sue fibre, quindi viene in noi e  ci conduce in Lui. Non si tratta di avere solo un modello da seguire ma di avere già la forza di poterlo attuare.

L’Eucaristia rende dunque gli sposi concorporei e consanguinei con Cristo, ma per che cosa?  Padre Mauri ha una conoscenza vera delle coppie, poiché ha raccolto tante testimonianze di vita con sensibilità e amore per le cose minute, che sono quelle che fanno il nostro quotidiano meraviglioso. Così arriva a credere che la convivenza di due sposi cristiani ripieni di Dio sia irradiante a vicenda della presenza di Cristo, specie quando c’è la presenza reale di Cristo nell’amplesso eucaristico della comunione, cioè diventiamo anche noi “tabernacoli”. Essere concorporei a Cristo è proprio questo: poter trasmettere, per la grazia di Cristo, un pochino della sua luce che illumina noi nella misura in cui illumina gli altri. Apostolato e ascesi sempre uniti.

L’Eucaristia ha influenza sulla vita relazionale? Sì .  Padre Mauri invita ad andare all’Eucaristia con frequenza, ma non ci invita a diventare “consumatori ossessivi di particole”, perché ci chiede sempre di fare una revisione sulla ricaduta eucaristica che abbiamo. E scrive così Padre Mauri:

«Gli sposi nella comune concorporeità e consanguineità con Cristo cementano e sperimentano la loro unione di cristiano amore. »

Quindi la grazia eucaristica ha un terreno principale su cui si deve giocare, che è quello della nostra vocazione: lì darà i frutti più grandi.

Davide

Concludiamo rileggendo quanto abbiamo detto all’inizio e speriamo, alla luce di questo percorso, di poterlo ascoltare con cuore aperto. Il Padre Mauri scrive:”

«Il tessuto della vita spirituale è fatto di fibre eucaristiche che ne compongono la trama, l’ordito, il disegno particolare, il tesserlo non è lavoro grossolano, macchinale, standardizzato, ma lavoro fine, a mano, paziente e perseverante.»

 

 

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