In principio era la gioia – L’umorismo nella coppia

L’amore nuziale è un amore scambievole. Gli sposi non si accontentano di amarsi a vicenda, ma vogliono a vicenda essere amati. Un cuore che ama di amore nuziale è infelice se non trova corrispondenza d’amore. Non basta suscitare l’amore in sé, ma bisogna suscitare l’amore anche nell’amato; non basta essere innamorati, occorre innamorare l’amato perché sia attirato verso l’amante e le corrisponda in tenerezza ed affetto.

P.Mauri, Mistiche nozze

 

I doni dello Spirito Santo sono innumerevoli. Per noi sposi si manifestano  e crescono nella comunione reciproca che richiede la corrispondenza. Non ci può essere pienezza di gioia e pace per lo sposo se non c’è gioia e pace nella sposa.  Non posso dire di amare la mia sposa se non ho a cuore che lei  si innamori di me.

Nei periodi pesanti, di incomprensione, i cui i ritmi di amore, pace e gioia sembrano non consentire alla coppia di “danzare” insieme, è fondamentale trovare la chiave per costruire quel silenzio del cuore che solo sa farci udire le parole dello Spirito che vuole ricondurci al centro di noi: all’amore, alla pace e alla gioia dell’essere coppia.

Ci vuole pace per riannodare i fili della comunione rotti dal conflitto, per mettere al centro noi due e non le ripicche o le velenose sentenze lapidarie sul coniuge (non cambierai mai…, non mi capirai mai…). Ma ci vuole anche tanta gioia per iniziare il cammino di riavvicinamento all’altro con passo di danza festosa e non di carcerato, che strascica i piedi perché legati a catene pesanti. Soprattutto ci vuole amore per saper armonizzare i desideri di entrambi e ritrovarsi veramente coppia unita e ricreata dal cammino.

La gioia è l’amore che sorride e si manifesta. La gioia è la felicità più piena perché vissuta nella verità di Dio. La gioia vera è l’appagamento di sapere l’altro/a felice, contento, realizzato nella sua pienezza. La gioia si raggiunge solo nella consapevolezza di aver dato il meglio di noi stessi, di fronte alla propria coscienza e alla luce di Dio. Nel matrimonio la gioia si gusta insieme, in comunione.

Rimaniamo sorpresi per l’insistenza con cui ricorre nei Vangeli dell’ultima cena l’invito alla gioia (Gv 15, 11; 16, 20-21; 22.24; 17, 13). E’ uno dei temi più presenti nei discorsi di addio dell’ultimo incontro conviviale di Gesù con i discepoli, quasi una preparazione psicologica e una pedagogia amorevole per quanto sta per accadere, e che, tuttavia, non è una fine tragica ma un passaggio doveroso. La tristezza dei discepoli, assicura Gesù, si muterà in gaudio. Nelle sue confidenze intime Gesù ci parla della sua gioia e ci assicura la nostra.

E’ promessa ed è dono.

E’ invito ed è superamento.

E’ un invito alla pienezza. “La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”

La gioia quindi è insieme realtà interiore e manifestazione esteriore.

Occorre quindi mettersi alla riscoperta delle sorgenti e del percorso della gioia di Dio e dell’uomo per un cristianesimo che porti il timbro di questo Dio che è gioia infinita vissuta e comunicata

Ci sono tre modi per ridere

Ridere con il solletico come scimmiette  (è l’umorismo forzato)

 

Ridere di qualcuno o qualcosa con l’aiuto dei comici (è l’umorismo a singhiozzo)

 

Ridere con gli altri per creare legami affettivi di senso e di comunità (è l’umorismo gioioso)

 

La risata può essere procurata da

  • un colpo di ingegno
  • da una osservazione acuta,
  • una uscita imprevedibile,
  • da un rovesciamento della logica,
  • da una presa in giro,
  • nel senso più esatto della parola, da un rigirare le cose e la logica amara, per scoprire un altro lato della realtà,
  • dallo sconfiggere una certa visione pessimista,
  • dallo scoprire il senso del ridicolo di certi atteggiamenti,
  • dal contestare un modo tutto razionale e serio di vedere le cose che non è l’unico,
  • dall’ampliare gli orizzonti del pensiero e dell’esistenza.

 

PER RIDERE UN PO’……

Gioia, sorriso ed umorismo nascono dal cuore buono, mite e profondamente umano. Come una forza creativa che nel nostro cuore non si rassegna alla tristezza e ai limiti, come uno scoppiettio della speranza che cerca altre soluzioni ed altre ragioni, semina allegrezza, perché è della natura umana, ad immagine di Dio, comunicare, donare, condividere

Ecco otto consigli per coltivare l’umorismo e la gioia “spirituale”

 

  1. La gioia della gratuità Si tratta di vivere sempre con un senso di gratitudine e di gratuità. La prima apre il cuore al ringraziamento verso Dio. La gratuità del servizio nell’amore oltre a dilatare la capacità di amare ti permette di uscire da te e di godere delle mille gioie della comunione, della relazione, della creatività.
  2. Davanti a Dio nella preghiera Scendendo in profondità nella propria coscienza e mettendosi davanti a Dio possiamo ritrovare la radice della gioia, dono di Dio.
  3. Superare le tentazioni contro la gioia Ci sono momenti più prolungati in cui siamo tentati contro la gioia, è il tempo dell’accidia spirituale. Qualche zona importante della nostra vita (affettività, preghiera, riposo, riflessione, ricreazione…) non è stata abbastanza curata. Un tocco di equilibrio ridona la gioia. Si tratta insieme di porre rimedio, di riscendere alle sorgenti della gioia vera, di inondare di luce le tenebre dello spirito.
  4. La bellezza del quotidiano La vita è seminata dalla mattina di piccole gioie e sorprese: il saluto gioioso, la telefonata, l’occhiata ai giornali e alla TV, il cibo, l’igiene personale ed il riposo, la riuscita di un lavoro, la certezza di una amicizia…Se si vivono tutte queste cose in comunione la gioia si moltiplica: si dona e si riceve dagli altri.
  5. La gioia dell’amicizia Gioia spirituale è l’esperienza di una buona amicizia con i santi del cielo e con quelli della terra. L’amicizia è una fonte di gioia; sentirsi apprezzati e stimati dagli amici, interpellati anche per lavori di collaborazione è una fonte di gioia che invita a dare un grande rilievo all’amicizia.
  6. Nella saggezza del momento presente Un grande segreto della gioia è la capacità di vivere il momento presente. In realtà, non possiamo vivere se non il presente, ma spesso scappiamo dal presente verso un futuro ancora inesistente e così rischiamo di vivere estrapolati dal realismo del qui ed ora della vita. Vivere il presente è affidarsi a Dio ed è capacità di tenere sempre i piedi per terra, affrontare i problemi ad uno ad uno. E’ vincere le ansietà, una ad una, per rimanere nella gioia. Gioia è essere se stessi, credere nel Dio del momento presente e sentire che si è nel posto dove Dio vuole che siamo, facendo quello che egli vuole che facciamo.
  7. La cordialità dei rapporti E’ fonte di gioia la cordialità con la quale trattiamo gli altri e la cordialità con la quale siamo ripagati, perché “amore suscita amore”, dice Teresa d’Avila. Seguiamo la norma di san Giovanni della Croce: “dove non c’è amore, metti amore e ricaverai amore”.
  8. La felicità di essere in comunione con tutti L’uso discreto dei mezzi di comunicazione, che allarga il pensiero e ci mette in contatto con tutta l’umanità, ma specialmente la consapevolezza di essere in Dio in comunione con tutti, ci permette di avere un cuore universale che si esercita nella comunione con tutti attraverso “l’internet” della preghiera. Poi sono sempre sorgente di gioia incontri e viaggi, pellegrinaggi e visite all’estero, dialoghi con persone di altre fedi e di altre religioni, sono modi per far crollare i muri e distruggere le barriere, aprendo nuove vie al dialogo e alla gioia.

 

Ecco otto consigli per educare i figli all’umorismo e alla gioia

Saper ridere è tipico delle persone libere, e la famiglia è un luogo libero dove crescono persone libere. Una civiltà senza humor prepara i suoi funerali (Maritain)

 

  1. A sorridere si può imparare, imparando a sorridere di se stessi
  2. Giocare allo scambio dei ruoli (il genitore indossa i panni del bimbo)
  3. Mostrare con rappresentazione scenica quanto i capricci sono ridicoli (anziché fare prediche, sgridare, lanciare invettive)
  4. Giocare con filastrocche e rime spiritose, cambi di iniziale o di lettera
  5. Usare la televisione per ridere dei divi, delle finte lacrime, delle frasi sciocche e scontate, degli spot… Un bambino che impara a distinguere la TV di qualità da quella che ne è priva, e a ridere della seconda, sarà un giovane libero e un adulto consapevole.
  6. Insegnare a ridere delle mode imposte, dell’aspetto grottesco del sistema consumistico, prendendolo in giro, facendogli il verso e oggetto di una risata.
  7. Non nascondere gli errori di noi genitori, i nostri sbagli, ma ridere di questi, prendendosi delicatamente in giro facendo emergere le proprie contraddizioni e sorridendone
  8. Lasciare ai figli lo spazio per inventarsi e raccontare barzellette… e ridere con loro!

 

Naturalmente l’umorismo non ha nulla a che vedere con certe smorfie incollate sul viso di chi ride sempre, senza interruzioni, di tutto e in ogni circostanza. La famiglia che sa ridere sa anche piangere. In ogni caso, una famiglia seria non può permettersi il lusso di non saper sorridere.

 

Lettera ambigua

Una famiglia inglese trascorse le vacanze estive in Germania; durante una passeggiata, vide una graziosa casetta in campagna che sembrava adatta per trascorrere le  vacanze in futuro. La mamma domandò chi fosse il proprietario, e seppe che era un pastore protestante, con il  quale stipulò un contratto d’affitto per l’estate successiva.  Di ritorno in Inghilterra, improvvisamente la signora si  rese conto di non aver visto il W.C. e, data la pignoleria  inglese, decise di scrivere al pastore protestante affinchè la informasse circa l’ubicazione dello stesso.  La lettera fu redatta in questi termini: «Gentile signore, sono la signora che alcuni giorni fa ha stipulato con  lei un contratto di affitto per la sua casetta in campagna.  Non ho notato nella suddetta il W.C. Voglia pertanto illuminarmi in proposito. Distìnti saluti».

Ricevuta la lettera, il pastore non comprese l’abbreviazione W.C. e, credendo che si trattasse di una cappella della setta anglicana chiamata Walle-Chappel, rispose così: «Gentile signora, ho apprezzato il suo interessamento e ho il piacere di informarla che il luogo da  Lei richiesto si trova a soli 12 km dalla casa, il che è molto scomodo, specie per chi è abituato ad andare spesso. Chi ha l’abitudine di trattenersi parecchio tempo per  le sue funzioni, è bene che si porti da mangiare, così può  fermarsi sul luogo per tutta la giornata. Il posto si può  raggiungere a piedi, in bicicletta oppure in macchina; è  preferibile arrivarci al momento giusto per non rimanere  fuori e per non disturbare gli altri. Nel locale c’è posto per quaranta persone a sedere e cento in piedi; c’è l’aria purificata dal condizionatore,  per evitare l’inconveniente dei cattivi odori. I sedili sono  di velluto rosso. Si raccomanda di arrivare in tempo per  trovare posto a sedere. I bambini siedono vicino ai grandi, e tutti cantano in coro. All’entrata viene consegnato  un foglio, e chi arriva in ritardo può servirsi del foglio del  vicino. I fogli devono essere riconsegnati all’uscita agli  incaricati, possibilmente non sgualciti, in modo che possano essere utilizzati le volte successive almeno per un mese. Ci sono amplificatori di grande efficacia, affinchè  i suoni si possano udire anche all’esterno. Tutto quello  che viene raccolto, è devoluto ai poveri. Ci sono fotografi specializzati, che ritraggono nelle diverse pose, in modo che tutti possano vedere queste persone in un atto tanto umano».

Una volta si fece un esperimento in un auditorium in cui erano presenti 500 coppie di coniugi:

“Per favore, tutti i mariti che si sentono dominati dalla propria moglie, si spostino dal quel lato”, e fu indicata la parte destra dell’auditorium.

Con grande sorpresa dell’oratore, si spostarono tutti i mariti, tranne uno. Al che, subito gli fu chiesto:

Lei non si sente dominato da sua moglie?”

“No”, rispose timidamente quello. “E’ che lei mi ha detto: guai a te se ti muovi di qui.”.

Nel mondo dello sport spicca invece la storia di Michael Jordan. Il miglior cestista di tutti i tempi incominciò venendo scartato dalla squadra della scuola, quando era alle superiori. «Nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri – ha più volte raccontato il campione -. Ho perso quasi trecento partite. Ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto».

 

Inciso sulla tomba di Walter Chiari

Amici non piangete, … è solo sonno arretrato!

 

 

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