come formare chi accompagnale coppie? Il tema è stato affron-
tato durante il convegno “A che punto siamo con Amoris laetitia”. Ne hanno parlato, tra altri esperti, anche Nicoletta e Davide Oreglia, esperti di pastorale familiare che hanno alle spalle vari incarichi diocesani e regionali.

Ora il loro apostolato trova sbocco anche on line, con un nuovo sito (www.mussoreglia.it) in cui sono ospitate riflessioni e proposte per la crescita delle relazioni tra coppie e tra genitori e figli.

Quali sono gli aspetti che si dovrebbero tenere presenti per impostare un percorso formativo per accompagnatori?

A nostro parere sono almeno quattro.

Primo: essere accompagnatori vuol dire entrare in una modalità di cura e formazione della propria relazione continua. Non fatta solo di studio, ma di apprendimento della saggezza relazionale della coppia e della famiglia.

Secondo: gli accompagnatori non sono vasi da riempire, ma semi da far sbocciare!

Terzo: non dipingere un mondo senza Dio. Lo Spirito compie incessantemente la sua opera nel cuore degli uomini, Quarto: accompagnare le coppie nella loro situazione attuale. Non possiamo avere accompagnatori nostalgici. Accompagnare oggi i formatori che si curano delle coppie e delle famiglie è una sfida che ha luci ed ombre. Si sperimenta in parte l’inefficacia di alcuni strumenti utilizzati in passato ma si apprezza il valore della sapienza nelle relazioni che la Chiesa ha tessuto negli anni.

Non c’è il rischio che oggi sia più difficile attingere a questa sapienza e sia quindi necessario ripensare gli strumenti da utilizzare?

Certo, la situazione è cambiata e a noi è chiesto di compiere una grande opera di incoraggiamento. Molte coppie oggi non hanno il coraggio di investire nel diventare famiglia o stanno rinunciando al desiderio di una vita insieme scoraggiate da quello che sentono attorno a loro.

Ma da dove cominciare?

Ai formatori dobbiamo dire che quanto più saranno in cammino nella cura del loro matrimonio tanto più saranno efficaci nella loro missione verso le altre coppie. Inoltre è importante ricordare e far sperimentare che formatori e accompagnatori non si devono spaventare delle proprie fragilità perché lo Spirito le rende parte del suo progetto di salvezza.
Spesso però non è così agevole. Non si tratta soltanto di accettare le proprie fragilità, ma di accogliere e integrare

quelle delle coppie con cui gli accompagnatori si confrontano. È sempre possibile?

Le realtà che siamo chiamati ad accompagnare sono a volte complesse, ferite. Ci richiedono una cosa non facile, l’elasticità nell’andare incontro alle coppie e la chiarezza della direzione

verso cui andare. Crediamo ci sia chiesta non solo una accoglienza particolare, ma soprattutto uno sguardo speciale da rabdomanti missionari. Tentare cioè di farci prossimi e cogliere la presenza dello Spirito che già c’è nella vita delle coppie che ci sono affidate.
Tante volte non c’è neppure il tempo di dedicarsi alla cura della propria relazione di coppia. Impegni ed eventi ci sommergono. Come accompagnare in queste situazioni?
Purtroppo è vero. Si vive con un tempo che pare molto limitato. La frenesia che colpisce la vita delle coppie giovani e meno giovani è la stessa e ruba il tempo da dedicare alle relazioni. La formazione degli operatori non può non tener conto di questo. Noi non ci rivolgiamo a chi ha tempo, ma a chi sa che il tempo è prezioso, limitato e per questo deve essere investito con cura. Nella formazione prima di tutto. Non siamo chiamati a strattonare le famiglie nei loro tempi ma a tenere conto della
loro vita quotidiana.

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