LE FONDAMENTA: la comunione

  1. Beati noi sposi che abbiamo scoperto la gioia e la dolcezza dello stare in comunione fra di noi rinunciando alla libertà dell’io per vivere nella libertà del noi

La parrocchia ha questo scopo principale, essere terra di comunione, luogo in cui si respira la comunione, la si impara e la si testimonia. Ma la comunione ha tempi e modi che non sono del mondo, si tratta di uno dei doni più belli  dello Spirito e a Lui dobbiamo chiedere occhi per vederla in tutto il suo splendore e intuizioni per costruirla e difenderla.

 

1° PILASTRO: la condivisione

  1. Beati noi sposi quando impariamo a condividere le fatiche e le delusioni con il nostro coniuge mostrando a lui senza vergogna i nostri limiti e le nostre povertà e accettando le sue, riconoscendoci creature amate profondamente da Dio e da Lui pensate come coppia.

Le nostre comunità parrocchiali hanno bisogno di superare la vergogna del condividere, nel rispetto dei tempi di ognuno, gettando via le maschere che ci portiamo appresso. In questo gli sposi sono testimoni profetici nella loro vita quotidiana.

2° PILASTRO: la mitezza

  1. Beati noi quando riusciamo ad abbandonare il linguaggio della rabbia, dell’offesa e del farci il muso, quando mettiamo al centro il nostro amore e gestiamo i dissensi non per rivalsa o vendetta, ma con la voglia di scegliere il meglio per noi in armonia con la volontà di Dio.

In una comunità parrocchiale c’è sempre più bisogno di spazi di confronto nei quali si respiri a pieni polmoni questa aria di condivisione anche nelle discussioni, questo essere sempre “con” la persona che ti sta di fronte e mai “contro” di essa. Eppure anche nelle parrocchie sperimentiamo il sapore delle faide, i litigi e i gruppi l’uno opposti all’altro in una situazione  a volte di guerra tutti contro tutti. La distruzione arriva mascherata da amore per la verità e la lealtà a tutti i costi. Ma come può esserci lealtà là dove si calpesta la dignità umana deridendo, malignando e calunniando un fratello?

 

3° PILASTRO: l’essenzialità

  1. Beati noi quando abbiamo iniziato a mettere in un angolo le cose superflue e abbiamo riportato al centro l’essenziale: il nostro rapporto di coppia, il dialogo con i nostri figli, il lavoro non come priorità assoluta ma come mezzo che ci consente di essere famiglia.

La comunità parrocchiale vive anche un simile rischio tutte le volte che si lascia prendere la mano dall’organizzare attività per la gente, invece di creare spazi di incontro tra le persone, quando mette le “cose” davanti alle persone o cura i momenti liturgici scanditi dalle varie funzioni più per la voglia di tener d’occhio la coreografia che di interrogarsi sulla partecipazione effettiva dei suoi membri. La famiglia ci insegna che non si ricava molto da un simile sforzo organizzativo:  anche dopo aver pensato e attuato un bell’incontro se non c’è stato lo spazio per darvi un’anima si torna tutti a casa senza che qualcosa sia veramente cambiato in noi e tra noi. Se dopo aver organizzato tutto non si tiene conto che le attività più preziose di cui oggi tutti sentiamo la mancanza sono legate alla comunicazione sincera e profonda di noi e all’ascolto di chi ci vive accanto, noi non creiamo comunità e perdiamo la peculiarità del nostro essere chiesa.

 

4° PILASTRO: la riconciliazione

  1. Beati noi chi abbiamo appreso da Lui l’arte dell’andarci incontro e crediamo non solo che si può ricominciare sempre, ma che in ogni (ri)partenza il Signore pone per noi due, doni inimmaginabili. Ecco, non sarà la routine quotidiana a spaventarci ma avremo sempre da Lui la forza e la creatività necessarie per far crescere il nostro amore.

Ad una comunità parrocchiale la famiglia insegna quanto sia importante essere docili ai cambiamenti che lo Spirito suscita sempre in ogni frangente. Il cambio del sacerdote, o di un animatore laico, non sono solo passaggi che segnano il chiudersi di una parentesi magari bella e ricca per tutti, ma sono la richiesta che il Signore ci fa di seguirlo su di un terreno a noi sconosciuto ma nel percorrere il quale non saremo lasciati soli. L’ingenuità di voler congelare la realtà, una volta raggiunta una certa soglia di benessere comunitario è chiudersi alla volontà di Dio supponendo che esiste solo quanto è stato fatto da noi, con le nostre forze e che solo di noi ci fidiamo per tutto quanto. E’ come voler difendere un fiocco di neve dal calore del sole primaverile, dobbiamo lasciarlo sciogliere per vedere la terra irrigata dall’acqua.

 

IL TETTO: la stima

  1. Beati noi quando cerchiamo di vivere pienamente la promessa che ci siamo fatti di onorarci tutti i giorni perché lì impariamo a donarci totalmente l’uno all’altra nel tripudio dei cuori e nell’abbraccio dei corpi, perché lì stiamo divenendo tempio dello Spirito e il contatto con il Signore è profondo.

Onorare è un atto che trova posto nella nostra vita di parrocchia? Quanto è difficile oggi avere onore, ad esempio, del parroco, atteggiamento semplice ed essenziale attraverso il quale testimonio che in lui vedo Cristo che qui e ora mi vuole dire qualcosa di Lui per svelarmi qualcosa di me. Gli sposi dicono con la loro vita che non basta l’affetto in una comunità, ci vuole il rispetto profondo, bisogna onorarsi gli uni gli altri gareggiando, come ci invita a fare S. Paolo, nello stimarci a vicenda.

 

LE MURA: la generosità

  1. Beati noi tutte le volte che scegliamo di portare comunione invece di discordia nella nostra casa, con i nostri parenti ed amici, vicini di casa, nella comunità parrocchiale, perché quando lo facciamo perfezioniamo la nostra arte di perdonare, e la delicatezza con cui lo facciamo: gli altri faranno ugualmente con noi.

Anche in parrocchia può venire la tentazione di chiudersi per difendersi da quello che può venire dal di fuori visto in genere con una certa diffidenza. Purtroppo oggi vige la “mentalità della cassaforte” per la quale ti comperi un gioiello bellissimo e poi, per paura che te lo rubino lo tieni in cassaforte; si vive nel terrore di perdere tutte le cose di valore che abbiamo, ma con i doni di Dio una simile logica non vale e non paga.

 

L’ARREDAMENTO: la fiducia

  1. Beati noi quando ci sembrerà che quelli che non seguono Dio non solo stanno meglio di noi, ma deridono il nostro modo di essere coppia, il nostro credere nel matrimonio pur sperimentandone in prima persona le difficoltà, il cercare di vivere un amore leale e per sempre senza scappatoie, il difendere il primato della nostra famiglia su tutte le cose che ci circondano; rallegriamoci perché il Signore ci darà la serenità e la forza necessarie per continuare a testimoniarlo.

Ad una comunità parrocchiale la famiglia che vive questa realtà dice a chiare lettere che non ci sono ambiti più preziosi per impegnare la propria vitalità che quello di seguire Cristo nel modello di amore che ci ha proposto, senza sconti ma anche per questo così liberante e bello. E Lui ci invita a partire proprio da coloro che sono a stretto contatto con noi, i nostri  colleghi di animazione, il nostro parroco, il parroco con il suo vice. Guai a che si farà distrarre da questo primo impegno di vita cristiana ritenendo che ci sono altre cose più importanti da fare, si troverà con un pugno di mosche in mano.

PORTE E FINESTRE: la provvidenza

  1. Beati noi quando gli altri diranno male di noi chiamandoci “antiquati” perché crediamo alla fedeltà fra di noi, dicendoci “imprudenti” perché con gioia accogliamo la vita, apostrofandoci come “tirchi” perché sappiamo che i nostri soldi possono dare tante cosa superflue a noi ma anche procurare l’essenziale ai nostri fratelli poveri; non lasciamoci abbattere, questa è la Sua strada dove c’è la croce che si presenta a noi sotto le forme più disparate, scegliamo di abbracciarla e sperimenteremo con Lui come sia dolce e luminosa la resurrezione che nasce da qui.

Alla parrocchia la famiglia testimonia che il cammino avrà momenti di fatica. Ciò non vuol dire che tutto sia fallito o perso, ma semplicemente seguire Cristo porta anche l’incomprensione del mondo che ci attornia. Ma non è il momento di chiudersi nello sconforto, anzi proprio in questi casi bisogna essere duttili al soffio dello Spirito nel senso di andarlo a cercare là dove soffia con potenza e non rammaricarci se quel bel gruppo di giovani o famiglie è sorto nella parrocchia accanto alla nostra rimproverando il Signore perché ci ha “mancato” di alcuni chilometri. E se non possiamo andare noi lasciamo che siano i nostri fratelli in ricerca di spunti nuovi nei convegni, negli incontri al di fuori dell’ambito parrocchiale… la vigna del Signore è una realtà speciale dove ogni filare trae vantaggio da coloro che vi lavorano anche se a noi pare che le mani degli operai siano così lontane da quel tralcio che ci sta a cuore! Il Signore ci ha chiesto di essere un corpo solo, ma non per ingessarci e restare tutti uniti in un’immobile posa statica. Egli vuole che le mani sentano la gioia dei piedi che percorrono sentieri nuovi e che i piedi percepiscano il canto soave che le orecchie stanno udendo e queste a loro volta il gusto pieno che la bocca trasmette ….. Questa è la ricchezza di una comunità cristiana, questo è uno dei motivi per i quali Gesù ci ha raccomandato di essere uniti.

 

Rallegriamoci perché è segno che siamo veramente suoi discepoli, suoi amici e Lui a noi ha promesso il  centuplo quaggiù e l’eternità, gioia perfetta per sempre.

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